Il rispetto degli adulti per le espressioni del bambino è un fattore molto importante in quanto favorisce la crescita della sua personalità (una buona dose di fiducia porta ad una personalità equilibrata ma quando questa viene a mancare può convincere il piccolo della propria incapacità). Nell’autostima hanno una rilevante importanza anche le regole di comportamento che sono discusse e valutate all’interno della famiglia in base alle esigenze dei componenti; si è appreso che, in una famiglia con determinate regole, il bambino vive maggiori esperienze di libertà (piuttosto di quelli che dispongono di un apparente libertà di movimento). La stima che l’adulto ha di sé stesso ha un’importanza indiretta nella vita del bambino ma è generalmente d’aiuto sia perchè fornisce un modello vantaggioso sia perché ha meno bisogno di successi vicarianti a spese del piccolo. L’autostima è uno schema cognitivo-comportamentale, uno stile di pensiero che viene appreso man mano che gli individui interagiscono con gli altri e con l’ambiente. È basata sulla combinazione di informazioni oggettive riguardo sé stessi e valutazioni soggettive di queste informazioni. L’autostima deriva dai risultati delle nostre esperienze confrontati con le aspettative ideali. Il concetto di sé evolve con l’età, nel senso che si sviluppa e si differenzia con l’aumentare delle esperienze, con le interazioni, con i successi e i fallimenti. Con il susseguirsi di queste esperienze di apprendimento i bambini avvicinandosi all’adolescenza, cominciano a sviluppare un’autostima sempre più differenziata, specifica per ogni ambito. Le variabili che hanno maggior peso nel complesso processo di crescita sono quattro e il loro intreccio porta ad esiti differenti. Il primo fattore riguarda la relazione genitori-figli: il modo in cui questa relazione si struttura e si sviluppa nel corso dell’infanzia influenza le successive relazioni e il processo di separazione-individuale dell’adolescenza. Sono importanti le attese o il disinteresse dei genitori, l’immagine del figlio che essi gli rimandano attraverso i loro interventi (gratificanti, punitivi, emancipanti), ma anche l’immagine che essi hanno di se stessi. La seconda variabile riguarda le esperienze passate di separazione dai genitori: esperienze di separazione divertenti e giocose sono funzionali alla graduale acquisizione di autonomia e vanno incoraggiate ma le separazioni traumatiche (come la morte di un genitore)possono invece avere effetti devastanti. La terza variabile considera invece la comunicazione in famiglia: la comunicazione è qualcosa che deve essere coltivato fin dall’infanzia poiché, se si perde l’opportunità di comunicare serenamente con propri figli, diventa difficile recuperare il dialogo quando questi diventano più grandi. L’ultimo fattore valuta i referenti culturali: le tappe di maturazione indicate dalle diverse culture rappresentano dei punti di riferimento che indicano al giovane la direzione giusta da prendere, per muoversi e per destreggiarsi ed infine emanciparsi dal genitore. Per una maggior comprensione del problema dell’autostima è opportuno seguire la teoria dello psicologo americano Abraham Maslow che ha precisato i cinque punti fondamentali dell’uomo, che, se adeguatamente soddisfatti, portano a un completo sviluppo dell’individuo. Questi bisogni seguono un ordine di successione: al primo livello si deve trovare una sufficiente soddisfazione prima di passare al secondo che, se appagato, permette di arrivare al terzo e cosi via. Il passaggio da un livello ad un altro significa anche che i bisogni del livello precedente hanno assunto un ruolo di minor importanza per l’individuo, che è pronto cosi, ad altri bisogni e ad altri scopi più elevati. Queste motivazioni fondamentali sono:i bisogni fisiologici; il bisogno di sicurezza; i bisogni di affetto e di appartenenza;il bisogno di autorealizzazione e di stima.
Il caso Andro
14 anni fa
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