giovedì 20 novembre 2008

Nel diverso linguaggio delle parole e delle cose.


Un altro aspetto interessante è l’importanza del linguaggio che si differenzia da quello della parola e da quello delle cose. È opportuno citare l’educazione negativa di Rousseau, poiché l’individuo deve comprendere la realtà partendo dall’esperienza, non occorre indirizzare il ragazzo verso ciò che noi vogliamo bensì bisogna rispettare la legge di natura e permettere che il fanciullo assuma conoscenze, abitudini e norme dalle cose stesse. Altro pedagogista è Pestalozzi il quale, con il metodo didattico intuitivo o, in altre parole, l’intuizione sensibile (utilizzata per designare il fondamento di ogni conoscenza umana e si stanzia su tre ambiti fondamentali quali: la forma, il numero e il nome) riguarda quella modalità che presuppone un’esperienza diretta e concreta alla realtà. Sempre riguardo l’importanza del linguaggio è opportuno citare Rogers con i suoi studi improntati sull’apprendimento significativo in quanto l’individuo non può trasferire dei contenuti ad altre persone se non motiva ciò che dice;sorge dal desiderio di perseguire scopi dall’esperienza diretta influenzandone il comportamento. L’apprendimento significativo si suddivide in tre ambiti:motivazione in quanto devo giustificare e spiegare le tesi che supporto; il feedback che è il metodo che ci consente di riprendere il percorso dell’apprendimento per arrivare alla conquista dell’obiettivo; ed infine abbiamo la presenza del riconoscimento come attuazione di tutto ciò che il ragazzo ha messo in opera per arrivare a quel dato risultato.
Pasolini dunque cercò di affermare che ogni persona, individuo, comportamento ed atteggiamento giocarono un ruolo strettamente importante e significativo per i giovani ed adolescenti in quanto sono condizionati dalla società e dalle continue informazioni, positive o negative, che questa gli trasmette ed il fanciullo deve apprendere da sé ciò che ritiene giusto dalle “cose” stesse.

Il differente ruolo dei genitori, maestri, televisione, giornali, coetanei nell’età adolescenziale



Importante è anche analizzare il differente ruolo che investono le persone che conosciamo (genitori, maestri e coetanei) ed i mezzi di comunicazione (televisione e giornali). Le persone che veniamo a conoscere, volontariamente o involontariamente, ci trasmettono alcuni dei loro atteggiamenti che poi applicheremo alla nostra sfera personale.
I genitori hanno il ruolo di informare e tutelare il fanciullo trasmettendogli determinati valori come quello della famiglia; inoltre hanno il dovere di far crescere nel ragazzo dei dubbi per fargli meglio comprendere se l’atteggiamento che sta tenendo sia o no idoneo per quella determinata situazione.
Gli insegnanti ed i maestri hanno il compito di tenere la mente del giovane elastica ed aperta in quanto devono trasmettergli dei saperi teorici e pratici che gli serviranno per tutta la vita; anche in questo caso i dubbi sono necessari poiché ,in base a questi , il ragazzo cercherà di trovare una soluzione ai propri problemi e nello stesso tempo crescerà.
Marshall McLuhan in “La Galassia Gutenberg” inserì il termine equilibrio sensoriale percependo ed osservando i media (televisione e giornali) come estensione dei sensi , dichiarando che l’uso di tecnologie diverse influisce sull’organizzazione dei sensi umani e quindi ne influenza anche il linguaggio creando delle distorsioni a livello di metacomunicazione (perciò il messaggio ha la funzione di trasmettere un’informazione che rappresenta il contenuto).
Secondo me i pareri dei propri coetanei sono di fondamentale importanza in quanto il giovane è costretto a confrontarsi con loro per gran parte della sua vita e, in base ai consigli che gli verranno dati, il fanciullo potrà decidere cosa è meglio per lui analizzando il problema da diversi punti di vista.

Adolescenza: Il valore del dubbio nella crescita umana


Pierpaolo Pasolini cercò di far capire, nel suo "Trattatelo Pedagogico", l’importanza e il valore del dubbio nella crescita umana come ricerca,possibilità di mettersi un gioco e la capacità di sviluppare il senso critico.
Goleman tentò di parlare di questo dubbio attraverso l’intelligenza emotiva ovvero quella miscela equilibrata di motivazione, empatia ed autocontrollo che consente all’individuo di sviluppare una capacità di adattamento all’ambiente e di inseguire i propri sentimenti per poi saper sfruttare e gestire al meglio ogni situazione ed inconveniente. L’intelligenza emotiva si caratterizza in base a due competenze che possono potenziarla per tutto l’arco della vita, tendendo ad aumentare in proporzione alla consapevolezza dei propri stati d’animo.
Queste competenze sono: la competenza personale o, in altre parole, il senso critico che riguarda il modo in cui controlliamo noi stessi e le nostre emozioni; e la competenza sociale che considera il modo in cui gestiamo le relazioni ed i rapporti con gli altri.
Un’altra capacità per comprendere il senso del dubbio è il metodo della ricerca ovvero quando il ragazzo mette in pratica ciò che ha appreso dalla società, dai suoi genitori e coetanei per cercare di risolvere un determinato problema. Il ragazzo così si mette in gioco attuando il campo della motivazione in quanto, se il fanciullo viene opportunamente motivato ,potrà aspirare ad un maggiore risultato ed ,in seguito,realizzare un obiettivo più alto. La spinta a cercare di realizzarsi, secondo Maslow, è propria della natura umana e il progresso, che porta a un completo sviluppo dell’individuo si attua mediante una graduale soddisfazione dei propri bisogni. Quindi chi non è riuscito ad appagare alcuni bisogni fondamentali ( come quelli del cibo, del riposo, di un certo grado di sicurezza) non può dedicarsi ad altri più elevati.

Contrapposizione e commento tra "L'isola di Arturo" e "Jack Frusciante è uscito dal gruppo"


Analizzando i due libri si è potuto ricavare un quadro generale dell’adolescenza dove emergono,principalmente,queste tematiche:cotta attrattiva,crisi d’identità,il rapporto con gli adulti e le bugie.Le relazioni sociali dipendevano per lo più dalla scuola dove si formano i primi legami di amicizia,successivamente si è compresa l’importanza della famiglia e del gruppo dei pari.Personalmente mi sono rispecchiata molto nel libro di Brizzi,forse dal fatto che ha utilizzato un linguaggio più giovanile e ha narrato la vita di tutti i giorni vista con gli occhi di noi ragazzi.Mi è stato facile immedesimarmi in Aidi,nella sua straordinaria capacità di comprendere i sentimenti delle persone senza fermarsi al solo aspetto fisico.Ho sofferto con Alex quando Martino si è suicidato per raggiungere finalmente quella libertà che ha tanto cercato ed infine ho compreso fino in fondo quanto sia difficile far parte di un gruppo che ,in qualche modo,condiziona il tuo modo di fare sia positivamente che negativamente.

L’adolescenza vista nei libri:"Jack Frusciante è uscito dal gruppo" di Enrico Brizzi

Il film tratta la storia di un adolescente bolognese, Alex, e dei suoi tormenti tardo adolescenziali. Alex, iscritto al penultimo anno del "bigio Liceo Caimani", bassista di un gruppo Punk-Rock formato assieme ai suoi amici di sempre, un giorno riceve la telefonata di una ragazza che conosce di vista, Adelaide detta Aidi, che gli propone di cominciare a studiare insieme.I due cominciano a frequentarsi sempre più assiduamente fino a che, poco a poco, Alex s'innamora di Aidi. La ragazza, però, prende tempo sapendo di aver vinto una borsa di studio per gli Stati Uniti l'anno seguente. Alex se la prende molto, finendo in parte per trascurarla, in parte a darsi al divertimento con gli amici. Alla fine di una serata in discoteca, l'amico più grande Martino, figlio di una ricca famiglia bene della città, viene trovato in possesso di droga, arrestato e rilasciato poco dopo. Il colpo è tremendo, sia per lui che per Alex. Caduto in forte depressione, Martino si suicida con la pistola del padre. Alex, che riceve la lettera di suicidio di Martino, è sconvolto. Non sapendo in chi trovare supporto e non potendosi rifugiare nella sua famiglia, con cui già più volte aveva litigato per problemi legati all'uso di droghe di Martino, trova un grandissimo appoggio in Aidi. Sarà solamente grazie a lei che Alex riuscirà a ritrovare la serenità. Questa dolorosa circostanza riavvicinerà i due e forse li legherà ancora più di quanto già non fossero. Alla fine dell'anno, in occasione della festa di arrivederci per Aidi, i due avranno finalmente il coraggio di dichiararsi, anche se in ritardo. Il distacco per Alex sarà doloroso, ma educativo.

L'adolescanza nei libri...”L’isola di Arturo” di Elsa Morante

Arturo è nato sull'isola di Procida e vive lì tutta l’infanzia e l’adolescenza. Tutto ciò che è legato al padre per lui è sacro.Arturo è orfano della madre: nei momenti di assenza del padre vive in compagnia della sua cagna Immacolatella a cui è molto legato e non ha mai conosciuto una donna. Quando il padre porta a casa una nuova sposa Arturo viene inconsapevolmente attratto e prova sentimenti che non aveva mai provato prima e che non riesce a spiegarsi, per esempio non riesce nemmeno a chiamarla per nome. Nelle lunghe assenze del padre sono loro soli a vivere nella grande casa. Nunziata si rivolge sempre ad Arturo, ma lui non le dà mai retta .Tutto cambia quando a loro si aggiunge il piccolo Carmine, il figlio di Nunziatella e del padre. Nella stessa notte in cui nasce il bambino cambiano infatti le cose;solo allora incomincia a capire cosa prova veramente per lei. Arturo diventa geloso: capisce che non può più comportarsi come prima.Così per attirare l'attenzione di Nunziatella,Arturo decide di fingere il suicidio. Il suo piano funziona e Nunziatella lo ricopre di attenzioni. Ma Arturo rovina tutto quando decide di darle un bacio sulle labbra ma lei lo rifiuta.Intanto Arturo fa conoscenza di un'amica di Nunziatella con la quale vivrà una storiella. Arturo verrà deluso anche dal padre , perché scopre che non è il grande eroe che aveva sempre stimato fin dall'infanzia, ma un omosessuale zimbello di tutti.Ormai deluso non ha più motivo di rimanere sull'isola.

Consiglio per i genitori.come trattare con gli adolescenti secondo lo Psicologo Aceti


Ascoltarlo

E’ importante non assumere, nei confronti del ragazzo, atteggiamenti di rivalsa o di distacco; al contrario, bisogna dimostrargli interesse ed affetto, cercando di seguirlo e di comprenderlo nei suoi nuovi interessi ed anche nelle sue piccole "manie".

Dargli fiducia

Bisogna trattare il giovane come un piccolo adulto, mantenendo vivo il colloquio e rispettando, entro certi limiti, le sue opinioni ed i suoi gusti: abbigliamento, pettinatura, modo di esprimersi, gusti musicali, ecc. Bisogna capire che il ragazzo cerca una propria strada autonoma che necessariamente riflette abitudini e costumi dei coetanei, con i quali egli si confronta ogni giorno. Il giovane ha bisogno di identificarsi in un gruppo che gli dia sicurezza e tranquillità: “adeguamento al branco".


Progettualità

Per favorire il raggiungimento di un certo grado di maturità, è necessario concedergli un minimo di autonomia decisionale. Così, dargli una "paghetta" settimanale, dalla quale non derogare mai, serve a fargli comprendere il valore del denaro e contribuisce a renderlo un buon amministratore di se stesso. Allo stesso scopo è necessario concedergli una certa libertà, ma, nel contempo, stabilire, nell'ambito della vita familiare, alcuni punti fermi, come: curare la propria stanza, rispettare le ore dei pasti, limitare il tempo dedicato alla "dannosa" TV, stabilire le ore ed i giorni in cui può uscire con gli amici.

Schema dell'adolescenza secondo lo Psicologo Aceti


Qualche tempo fa ho avuto l'occasione di assistere ad un convegno dello Psicologo Aceti con un dibattito sull'asolescenza...vi schematizzo ciò che per me è risultato importante nella speranza che possa servire anche a voi.
Gli adolescenti attualmente vivono in un’epoca in cui si privilegia la cultura del corpo ed i maggiori problemi derivano da questo.
Attraverso la televisione ci vengono presentati degli ideali assurdi che vanno ad intaccare la mente delle persone ed, in particolar modo, degli adolescenti che stanno affrontando un periodo di transizione tra l’infanzia e quello della giovinezza.
La cultura del corpo si può suddividere in tre fattori:
1. Peso: dal quale possono derivare più problematiche come, per la ragazza, l’anoressia e la bulimia; nel ragazzo si presenta invece come un semplice disordine dell’alimentazione. Questi problemi di solito avvengono quando i ragazzi hanno una concezione di sé poco sviluppata o, in qualunque caso, negativa.
2. Statura: è un problema che riguarda principalmente l’emisfero maschile in quanto il ragazzo troppo basso non si sente all’altezza di alcuni compiti e fatica ad esprimere i propri sentimenti.
3. Sessualità: che comporta tre tematiche :
– mestruazione per la ragazza;
– eiaculazione per il ragazzo;
– caratteri secondari sessuali come la crescita della barba e lo sviluppo del seno,tipica di questa età.

I problemi derivati da queste tre tematiche (peso,statura,sessualità) possono essere superate diventando padroni del proprio corpo dunque dobbiamo imparare a conoscerlo,sapere a cosa serve, comprendere completamente sé stessi.
Altra argomentazione può essere la dimensione affettiva relazionale (istinto-io-relazione) che,a sua volta,comporta cinque tematiche:
1. rapporto con l’adulto:l'adolescenza rappresenta una fase di rapida crescita che corrisponde al passaggio dall'età infantile a quella adulta. Durante questo periodo il ragazzo cerca di conquistare una sua indipendenza e di costruire una propria identità anche al di fuori della famiglia. A questo scopo egli deve riuscire a distaccarsi psicologicamente e materialmente dall'ambiente familiare e costruire una nuova immagine di sé che rifletta una personalità più adulta e più matura.Questo processo di trasformazione provoca nell'adolescente sentimenti nuovi e ambivalenti: ansia, timore di non riuscire , ambizione , desiderio di successo e di riconoscimenti. Ma, un sentimento predomina sugli altri ed è la netta intenzione di liberarsi dal controllo e dall'autorità della famiglia.

2. masturbazione: provocare l’orgasmo sessuale mediante la manipolazione degli organi genitali.

3. crisi di identità: il giovane impressionato dalle improvvise e rapide trasformazioni del proprio corpo e delle proprie funzioni ed imbarazzato dai nuovi stimoli e dalle nuove pulsioni che ne derivano, finisce per andare incontro ad una vera e propria "crisi di identità". Il che significa semplicemente che il giovane non sa più esattamente né chi è né come deve comportarsi.

4. il 100% dei ragazzi raccontano bugie: è un problema che l’adolescente ha con sé stesso e questo comportamento gli serve per liberare l’immagine.

5. cotta attrattiva: la maggior parete delle volte diventa difficile esprimere all’altro i propri sentimenti;tante volte la “cotta” si può manifestare attraverso una gelosia dove la ragazza/o cerca di farsi notare oppure si soffre in silenzio.


Le relazioni sociali dipendono:

1. famiglia:dalla quale il ragazzo cerca di distaccarsi per emanciparsi,si ribella per ottenere maggiore libertà;

2. gruppo dei pari:

POSITIVO:questo influenza in ragazzo con atteggiamenti ottimali;
NEGATIVO:questo influenza il ragazzo negativamente in quanto lo
indirizzerà in una brutta strada,con obiettivi scadenti e criminali.

3. scuola:dove si formano alcune amicizie importanti e dove si sviluppa il carattere dei ragazzi.

Attraverso quali strumenti l’educatore può promuovere nell’educando il superamento di un’erronea valutazione di sé


L’individuo ha la necessità di “essere qualcuno”,di avere una certa forza ,una certa padronanza e di ottenere successo,ma sente anche un bisogno che tali mete raggiunte siano apprezzate dagli altri e valutate nel modo più adeguato;sente che deve essere stimato,rispettato, considerato importante. Il bisogno di stima significa ottenere una reale approvazione e considerazione ,e un’altrettanto reale autostima che deriva dalla coscienza di essere utili e necessari . Chi non fosse giustamente stimato potrebbe facilmente cadere in uno stato di inferiorità e di depressione. Dunque,all’interno della teoria di Maslow,se gli individui hanno soddisfatto i bisogni minimi da mancanza si sentiranno motivati a soddisfare i bisogni di crescita più elevati quali l’autorealizzezione ,la conoscenza ,la comprensione e l’estetica in base al desiderio di soddisfare i bisogni più elevati . Secondo questo approccio teorico l’insegnante deve fare il possibile affinché i bisogni di livello meno elevato degli studenti siano soddisfatti e aumentino le probabilità che questi ambiscano a livelli più elevati. L’educatore può promuovere nell’educando il superamento di un’erronea valutazione di sé attraverso degli strumenti come : evitare le situazioni ripetute di fallimento favorendo l’espressione dei talenti;deve assegnare compiti con livelli di sfida ottimali;deve riconoscere i valori del soggetto libero da pregiudizi;deve dare al ragazzo la possibilità di recuperare una valutazione negativa offrendogli la possibilità di riscattarsi e magari,conclusa l’interrogazione,la possibilità di autovalutarsi. L’educatore può promuovere la stima del ragazzo anche attraverso dei semplici incarichi in modo da farlo sentire parte della classe e che nel suo piccolo può essere utile e necessario per il funzionamento di questa.

I fattori che determinano il grado d'autostima


L'autostima è un concetto ampiamente utilizzato nel linguaggio popolare ed in psicologia. Esso si riferisce al senso individuale del valore o dell'apprezzamento di sé o a quanto una persona valuta, approva, apprezza, dà valore e ama sé stessa. In psicologia, la più comune e più frequentemente citata definizione di autostima è quella di Rosemberg, che la descrive come un atteggiamento favorevole o sfavorevole verso se stessi. L'autostima, che rappresenta soltanto una delle componenti del concetto di sé, è definita da Rosemberg come "la totalità delle opinioni e dei sentimenti che hanno sé stessi come oggetto".Accanto ad essa, l'autoefficacia e l'autoidentità sono parti importanti del concetto di sé. Una logica impressione di se stessi si suddivide in due elementi: il concetto di sé, cioè quello che sappiamo di noi stessi, e l’autostima, cioè ciò che proviamo nei confronti di noi stessi. Fra le più efficaci e maggiormente utilizzate misure dell'autostima troviamo la scala di autostima di Rosemberg. Essa fu inizialmente usata per rilevare i sentimenti globali di auto-valore o di auto-accettazione negli adolescenti ed è generalmente considerata lo standard con il quale sono messe a confronto le altre misurazioni di autostima. L’immagine che ognuno ha di sé è un mosaico che lentamente prende forma in base alle risposte che riceviamo dagli altri. La consapevolezza e la valutazione che ognuno ha su se stesso è determinata dal modo in cui gli altri ci giudicano. Alta, bassa, positiva o negativa: l’autostima è qualcosa che ci appartiene, che iniziamo a sviluppare fin dall’infanzia e che continuiamo ad alimentare con le esperienze di vita. È molto importante essere consapevoli del fatto che la stima che abbiamo di noi stessi influenza il nostro comportamento, le nostre relazioni sociali, la nostra efficienza sul lavoro, la nostra vita affettiva. Più la nostra autostima è alta, più siamo fiduciosi negli altri e più questi ci dimostrano la stima che hanno nei nostri confronti. Se invece abbiamo poca stima di noi stessi, diventiamo anche pessimisti, siamo molto severi e critici nei nostri confronti, non riusciamo ad affrontare le situazioni stressanti, ci lamentiamo senza riuscire a realizzare niente di buono, confermando concretamente le aspettative negative che si hanno nei confronti della vita. I fattori che concorrono alla formazione dell’autostima, determinandone il grado, sono molteplici, ma il primissimo fattore è quello in cui il fanciullo percepisce e giudica se stesso in base alla valutazione delle proprie caratteristiche e competenze e in particolare sul modo in cui viene trattato e considerato dagli adulti per lui importanti (genitori,insegnanti,coetanei…). I fanciulli che si sentono accettati si identificano più facilmente con gli adulti del loro ambiente, questi possono favorire il livello di autostima nel bambino provocando vari tipi di feedback dimostrando affetto, disponibilità, fiducia e fornendo regole di base che delimitano un ambito all’interno del quale il ragazzo è libero di muoversi autonomamente.

L'importanza dell'autostima nel processo di crescita


Il rispetto degli adulti per le espressioni del bambino è un fattore molto importante in quanto favorisce la crescita della sua personalità (una buona dose di fiducia porta ad una personalità equilibrata ma quando questa viene a mancare può convincere il piccolo della propria incapacità). Nell’autostima hanno una rilevante importanza anche le regole di comportamento che sono discusse e valutate all’interno della famiglia in base alle esigenze dei componenti; si è appreso che, in una famiglia con determinate regole, il bambino vive maggiori esperienze di libertà (piuttosto di quelli che dispongono di un apparente libertà di movimento). La stima che l’adulto ha di sé stesso ha un’importanza indiretta nella vita del bambino ma è generalmente d’aiuto sia perchè fornisce un modello vantaggioso sia perché ha meno bisogno di successi vicarianti a spese del piccolo. L’autostima è uno schema cognitivo-comportamentale, uno stile di pensiero che viene appreso man mano che gli individui interagiscono con gli altri e con l’ambiente. È basata sulla combinazione di informazioni oggettive riguardo sé stessi e valutazioni soggettive di queste informazioni. L’autostima deriva dai risultati delle nostre esperienze confrontati con le aspettative ideali. Il concetto di sé evolve con l’età, nel senso che si sviluppa e si differenzia con l’aumentare delle esperienze, con le interazioni, con i successi e i fallimenti. Con il susseguirsi di queste esperienze di apprendimento i bambini avvicinandosi all’adolescenza, cominciano a sviluppare un’autostima sempre più differenziata, specifica per ogni ambito. Le variabili che hanno maggior peso nel complesso processo di crescita sono quattro e il loro intreccio porta ad esiti differenti. Il primo fattore riguarda la relazione genitori-figli: il modo in cui questa relazione si struttura e si sviluppa nel corso dell’infanzia influenza le successive relazioni e il processo di separazione-individuale dell’adolescenza. Sono importanti le attese o il disinteresse dei genitori, l’immagine del figlio che essi gli rimandano attraverso i loro interventi (gratificanti, punitivi, emancipanti), ma anche l’immagine che essi hanno di se stessi. La seconda variabile riguarda le esperienze passate di separazione dai genitori: esperienze di separazione divertenti e giocose sono funzionali alla graduale acquisizione di autonomia e vanno incoraggiate ma le separazioni traumatiche (come la morte di un genitore)possono invece avere effetti devastanti. La terza variabile considera invece la comunicazione in famiglia: la comunicazione è qualcosa che deve essere coltivato fin dall’infanzia poiché, se si perde l’opportunità di comunicare serenamente con propri figli, diventa difficile recuperare il dialogo quando questi diventano più grandi. L’ultimo fattore valuta i referenti culturali: le tappe di maturazione indicate dalle diverse culture rappresentano dei punti di riferimento che indicano al giovane la direzione giusta da prendere, per muoversi e per destreggiarsi ed infine emanciparsi dal genitore. Per una maggior comprensione del problema dell’autostima è opportuno seguire la teoria dello psicologo americano Abraham Maslow che ha precisato i cinque punti fondamentali dell’uomo, che, se adeguatamente soddisfatti, portano a un completo sviluppo dell’individuo. Questi bisogni seguono un ordine di successione: al primo livello si deve trovare una sufficiente soddisfazione prima di passare al secondo che, se appagato, permette di arrivare al terzo e cosi via. Il passaggio da un livello ad un altro significa anche che i bisogni del livello precedente hanno assunto un ruolo di minor importanza per l’individuo, che è pronto cosi, ad altri bisogni e ad altri scopi più elevati. Queste motivazioni fondamentali sono:i bisogni fisiologici; il bisogno di sicurezza; i bisogni di affetto e di appartenenza;il bisogno di autorealizzazione e di stima.

la differenza fra divertimento,distensione e ricreazione


Il termine “tempo libero”, può sembrare chiaro ma in realtà è più complesso di quanto si pensa. Bisogna prima stabilire la funzione del tempo libero che, in generale, si articola in tre fasi come il divertimento, la distensione ed infine la ricreazione.
Lo scopo del divertimento è appunto svagarsi, distrarsi dai problemi quotidiani per provare delle emozioni nuove e piacevoli; è una gioiosa improvvisazione motoria poco strutturata.
Un altro modo importante per passare il tempo libero è la distensione che si basa su un hobby, sull’artigianato fai-da-te o collezioni in genere…questi nuovi oggetti non vengono considerati dal ragazzino come veri e propri giocattoli ma essi assumono un rilievo formativo, e diventano utili per la creatività e la socializzazione poiché sono giochi che allenano la manualità.
La ricreazione serve all’individuo per arricchire i propri aspetti personali interagendo con altre persone e suoi coetanei; è una pausa tra un periodo e l’altro di lavoro o di studio e serve per ripristinare il corpo e lo spirito.

La differenza tra le varie tipologie di gioco


Il gioco rappresenta una delle attività infantili più complesse e studiate, almeno per quanto riguarda il suo fondamentale contributo in termini di crescita cognitiva, psicologica ed emotiva.
Esso è un’attività strutturata che tende a raggiungere una gratificazione individuale o di gruppo e può acquisire significati diversi, sia negli animali che nell’uomo; e al tempo stesso soddisfa le esigenze fisiologiche di sviluppo dell’organismo attraverso il movimento.
Esistono varie tipologie di attività ludica, delineate da R. CallosiI giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine”, che si stanziano mediante diverse tappe:
· PAIDIA che si proietta fuori da schemi istituzionali tramite la spontaneità, è istintivo e caratterizza la prima infanzia; in questa categoria rientrano le corse, i salti, ecc…
· LUDUS riguarda i giochi istituzionalizzati e quindi strutturati. In questa attività si agisce sempre per realizzare un obiettivo, si tratta di giochi di strategia come le carte, le costruzioni, ecc…
· AGON non richiede abilità o competenze specifiche poiché riguarda giochi di competizione e gare. Tutti i partecipanti partono dalle medesime condizioni di partenza, poiché si cerca di far emergere l’abilità del giocatore nel pieno rispetto delle regole condivise.
· ALEA richiama i giochi in cui la vittoria è determinata dal destino, dal fato. Deriva dalla possibilità di poter sfidare la sorte e in questa categoria rientrano tutti i giochi d’azzardo.
· MIMICRY è caratterizzata dalla maschera, dalla finzione e dall’imitazione; si muove in una dimensione fittizia come le recite e le simulazioni.
· ILINX è rappresentata dallo sballo, la voglia di evadere dagli schemi convenzionali della vita quotidiana, dallo stordimento. In questa categoria possiamo trovare divertimenti come i videogiochi, le giostre, ecc…
Il gioco è stato fatto oggetto di studio particolare da parte della psicologia infantile.
G . Stanley Hall ha tentato di spiegare i comportamenti ludici che appaiono nel bambino alle diverse età come un riapparire di attività che hanno caratterizzato lunghi periodi della evoluzione della specie; K. Groos (Il gioco dell’uomo) ha invece ipotizzato che il gioco costituisce un pre-esercizio di attività proprie della vita adulta: la bambina giocherebbe con la bambola preparandosi a svolgere funzioni materne.
Per quanto riguarda lo sviluppo intellettuale bisogna ricordare le tesi di J. Piaget . Egli sostiene che il gioco si verifica tutte le volte che, avendo acquisito un’abilità o compiuto una scoperta, il bambino cerca di far aderire allo schema motorio o cognitivo appena acquisito oggetti nuovi, con il risultato di esercitare le abilità e le scoperte stesse. Proprio da questo esercitare gli schemi acquisiti da poco deriverebbe il parallelismo creatosi fra le caratteristiche che il gioco assume con il progredire dell’età e le caratteristiche dei processi mentali di cui il bambino diviene via via capace, e quindi di distinguere varie fasi nell’evoluzione del gioco infantile, in parallelo con le fasi dell’evoluzione mentale:
· 12-18 mesi è il periodo del gioco percettivo-motorio, poiché il bambino prende gli oggetti, li butta l’uno contro l’altro, li dispone su un piano, ecc… sono attività ludiche che consolidano acquisizioni recenti e rafforzano il senso di sicurezza nel bambino, delle proprie capacità.
· 18 mesi al gioco percettivo-motorio si affianca il gioco simbolico. Gli oggetti vengono considerati come simboli di altri oggetti non presenti così il bambino esercita la capacità appena acquisita di immaginare realtà non presenti con questa il linguaggio verbale.
· 5 anni i giochi simbolici, prima individuali, diventano sociali richiedendo la collaborazione di più bambini con ruoli complementari.
· Dai 7-8 anni si sviluppa l’empatia e la capacità di svolgere giochi con regole in cui la comprensione e il rispetto di determinate norme diventano l’elemento dominante.
· Dagli 11-12 anni si sviluppa la capacità di immaginare con facilità situazioni ipotetiche per dedurne delle conseguenze.
Il gioco umano, sia infantile sia adulto, raggruppa dunque schemi comportamentali molto diversi fra loro.

L'importanza della fiaba


Le fiabe che un tempo ci hanno affascinato, e che ancora ci affascinano, esprimono qualcosa su di noi, sui nostri desideri le nostre paure. Le Fiabe non sono una cosa solo per bambini!
Rappresentano l’intelligenza che accompagna l’uomo a sviluppare creatività e abilità.
Ci mostrano il comportamento di uomini con i quali vorremmo identificarci, le persone che vorremmo essere; le fiabe sono anche storie particolari in cui accadono cose straordinarie dove si verificano eventi che ci sembrano impossibili, che indicano sempre un cambiamento del problema da risolvere.
La fiaba ci parla per mezzo di simboli, immagini originali che spesso non siamo in grado di capire. Rispetto a quelli dei miti, i simboli che incontriamo nelle fiabe raffigurano sviluppi evolutivi più vicini all’uomo.Il simbolo ha molti significati infatti ci deve far soffermare su esperienze ed emozioni personali ed in seguito ci deve manifestare qualcosa, ci deve far scoprire colpi di scena che possiamo comprendere solo in modo graduale.
Le fiabe, attraverso i simboli, ci mettono in comunicazione con il nostro inconscio e ci toccano anche sul piano emotivo perché molte volte ci immedesimiamo in un personaggio anche in base al nostro stato d’animo. Inoltre hanno molto da insegnarci su noi stessi, su come siamo e su come potremmo essere. Le fiabe innescano un processo evolutivo che racchiude in sé la speranza e la possibilità di superare le difficoltà.
L’immagine della fiaba è un’immagine nostra, ma al tempo stesso è di un altro mondo e questo crea la giusta distanza per affrontare “un nostro problema” che si riversa nell’immagine. Incantesimi, sortilegi, maledizioni di streghe, divoramenti di orchi servono per farci comprendere che ci sono delle trappole lungo il nostro sentiero, lungo la nostra vita e come Pollicino, dovremmo imparare a riconoscere con le briciole di pane il nostro cammino ed anche saper affrontare delle decisioni; gli orchi da sfidare, le matasse da filare… sono le infinite strade ed ostacoli da percorrere della nostra vita.
E poi i colpi di scena che vengono vissuti dai protagonisti della favola ci vogliono infondere sicurezza, tranquillità e fiducia nel senso che ogni ostacolo si può superare e non ci dobbiamo demoralizzare subito in partenza.
Ci accorgeremo dunque che le fiabe non sono state inventate per addormentare i bambini ma che hanno un potente significato nascosto che è quello di aiutare l’uomo a trovare la propria strada e la consapevolezza di sé.Concludendo possiamo dire che tramite la fiaba la persona, in questo caso il bambino, riesce a far emergere conflitti e disagi che prima non riusciva a mostrare.

il valore dell'espressione "pensare in modo libero e aperto" come obiettivo dell'insegnamento


L’insegnamento ha l’obiettivo di “pensare in modo libero e aperto” nel senso che deve trasmettere una cultura che ci permetta di comprendere la nostra società e ci aiuti a viverla; il ragazzo deve avere la possibilità di comprendere, assimilare, divulgare, intuire ciò che gli viene trasmesso e deve anche saper ragionare sui quesiti a lui posti tentando di trovare nuove soluzioni, esprimendo le proprie idee con pensieri innovativi e senza preoccuparsi troppo delle aspettative.

Importanza dell' autodidattica come obiettivo della didattica


Dal pensiero dell’ educazione-istruzione si può ricavare la dottrina della didattica che è la teoria e la pratica dell'insegnare e il suo scopo è: il miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza del docente; il progresso dell'allievo che apprende. La didattica è quindi anche un'arte della semplificazione e della relazione. In essa è presente il rapporto insegnante-allievo, per cui molti parlano del processo di insegnamento/apprendimento come di un processo unico, anche se al suo interno si possono rilevare vari aspetti. Attualmente si viene delineando la convinzione che la didattica ponga una varietà di problemi piuttosto complessi e che presentano forti collegamenti con varie discipline. La complessità della comprensione del mondo attuale, l'impegno richiesto dalle attività che vanno emergendo e la complessità delle scelte che dovremmo affrontare rendono sempre più importante il problema dell'insegnamento/apprendimento. Di conseguenza si impone la necessità di sviluppare ricerche specifiche sulla didattica, ricerche che richiedono di affrontare una grande varietà di temi. Essa implica il rapporto vivo tra due persone. In quanto persone, quindi, irriducibili al ruolo astratto di discente e docente poiché in realtà, entrambe le persone coinvolte insegnano e imparano contemporaneamente.
All’interno della didattica troviamo l’ambito dell’ autodidattica ovvero quei requisiti che si apprendono da sé, di chi si è istruito ed ha ampliato la propria cultura senza frequentare scuole e senza l’aiuto di insegnanti. In questo senso l’autodidattica è un obiettivo della didattica, ovvero, quest’ultima cerca di proporla attraverso degli strumenti quali: la possibilità di documentarsi e di approfondire certi argomenti da sé; ricercando su vari testi, enciclopedie ed utilizzando internet. Possiamo dire che l’autodidattica forma una persona più capace, volubile e versatile in quanto il suo pensiero diviene divergente.

Il significato e la reciproca differenza dei termini "formazione" e "istruzione"


L’idea di formazione è oggi al centro del dibattito pedagogico, anche grazie al diffondersi di attività educative extrascolastiche. È opportuno comprendere, da principio, il primissimo significato di formazione. In ambito pedagogico è un processo complesso di trasferimento di contenuti e metodi per fare acquisire alle persone livelli intellettuali, culturali e spirituali sempre maggiori. Il processo formativo studiato dalla pedagogia, in particolare, cerca di ottenere contenuti e metodi di insegnamento propri per l'età evolutiva di riferimento in cui il processo formativo si sviluppa. La formazione è considerata come un processo aperto e che coinvolge la sfera dello sviluppo e si divide in due ambiti: la formazione cognitivo-intellettuale e quella socio-affettiva.
La sfera cognitivo-intellettuale si riferisce ai processi di costruzione del pensiero e alle competenze cognitive dunque alle abilità percettivo-motorie, linguistiche, logiche, creative e immaginarie. Questo tipo di formazione deve dare la possibilità ad ogni persona di ricercare alcuni strumenti di sapere necessari per muoversi e operare in una società costituita da molteplici culture. È dunque necessario strutturare un percorso formativo che sviluppi le varie competenze di tipo primario, intermedio, convergente e divergente; attraverso questo processo sarà possibile sfruttare il potenziale cognitivo che caratterizza la mente umana e promuovere le differenti forme in cui l’intelligenza si manifesta permettendo a ciascun individuo la possibilità di valorizzare le proprie differenze individuali.
La sfera socio-affettiva fa riferimento alla costruzione di una personalità equilibrata, autonoma e responsabile. Questo tipo di formazione richiede la capacità di predisporre adeguati contesti e percorsi formativi che incoraggino il passaggio dalla semplice capacità di stare con gli altri alla possibilità di condividere delle idee, valori, emozioni e sentimenti.
Questo duplice collegamento del concetto di formazione consente a sua volta di recuperare al suo interno il pensiero dell’ educazione-istruzione poiché questi due ambiti si influenzano a vicenda.
Il significato originale ed etimologico della parola educazione viene dal latino exducere che significa letteralmente condurre fuori, quindi liberare, far venire alla luce qualcosa che è nascosto. L'idea deriva dalla filosofia platonico-socratica, secondo la quale imparare non è altro che un "ricordare" dalla nostra passata esistenza, e che tale conoscenza deve essere "condotta fuori" da noi tramite la maieutica (l’arte del far partorire, ovvero condurre fuori). L'educare, dunque, coincide nel guidare e formare qualcuno e va distinta dalla istruzione, intesa come insieme delle tecniche e delle pratiche per mezzo delle quali un individuo è istruito mediante un insegnamento teorico o tecnico-operativo di nozioni di una disciplina, di un'arte, di un'attività. Tuttavia istruzione e educazione possono fondersi quando l'insegnante cerca di favorire la comprensione autonoma da parte degli allievi, instaurando con loro un dialogo "esplorativo" e stimolando la loro creatività nell'apprendimento.

Cos'è l'educazione? Ovvero..quando una persona è pienamente educata.


Tempo fa ho voluto somministrare un quesito ai miei amici per meglio comprendere il significato del termine "educazione" e cosa intendessero per questa. Ho potuto comprendere che l’educazione viene concepita attraverso due schemi:comportamentale e scolastico.
Scolastico in quanto l’individuo deve essere appunto educato ad attingere dal proprio bagaglio culturale per diventare ciò che vuole diventare,far emergere le proprie potenzialità.
Comportamentale in quanto l’individuo deve assumere degli atteggiamenti e posture adatte al luogo e alle persone a cui si sta rivolgendo;deve mostrare rispetto per se e per la società.
Secondo me non intercorre una netta differenza tra i pensieri degli adulti e dei ragazzi perché vediamo e viviamo l’educazione come un rispetto reciproco,uno scambio sempre aperto di valori sociali e civili.
In pedagogia si intende per educazione l’insieme delle iniziative individuali o collettive che tendono ad orientare l’individuo verso obiettivi prefissati,è un processo di interazione sociale e trasmissione culturale mediante il quale il soggetto struttura e matura la propria personalità.

Chi è l'educatore?!??!


É colui che formula e attiva progetti,osserva e analizza i bisogni, rileva le risorse, gestisce e verifica gli interventi educativi ;sopprattutto cura lo sviluppo ed il recupero delle capacità relazionali e d’interazione (in particolar modo l'empatia).
L'educatore pone al centro del suo agire la persona nella sua complessità ed ha gli strumenti per evolversi ed adattarsi a qualsiasi cambiamento.
Comunque secondo me, come essere educante, è suo dovere trovare la strategia che possa dare, (anche se a volte in forma temporanea e soprattutto individualizzata) benessere o sollievo al problema e alla "creatura" stessa.

Chi è l'animatore?!?


Ultimamente mi è capitato di pensare alla differenza fra educatore ed animatore ,o più precisamente "educatore parrocchiale", ma definire queste professioni non è molto semplice poichè entrambe hanno dei punti in comune come i nostri interventi, le nostre azioni, i nostri modi di agire che non sono mai neurti (...non si può non educare).
Ma che cosa significa essere "animatori - educatori"?Come si fa a prepararsi per diventare "animatori - educatori"?E quali sono le caratteristiche di base per esserlo?
Essere animatore o educatore significa innanzitutto assumere delle responsabilità (fisica, affettiva, igienica, alimentare, ecc.), e l'assunzione di "responsabilità" comporta di riflesso l'instaurarsi di una relazione con qualcuno,la nostra "creatura".

A sua volta ogni relazione instaurata con l'altro è "un'attività" che deve e vuole essere educativa...
Dunque l'animatore non è solo figura che intrattiene attività relazionali, ma anima e promuove attività creative che concorrono a favorire e a sviluppare il campo delle esperienze del bambino e per fare questo l'animatore si avvale di determinate competenze tecniche (animazione,lavoro di gruppo,dibattiti alla finedi ogni attività per far comprendere lo scopo di quel determinato gioco).
Chi è dunque animatore e chi educatore? Lo voglio scoprire con voi,voglio capire quali sono le competenze dell'uno e dell'altro...

...Mi presento...


Ciao a tutti voi!!Forse è meglio che mi presenti prima di iniziare quests'avventura... Molto Piacere sono Alessia!! Ho 20 anni ma sono una matricolina all'università di Padova e sto studiando per diventare un educatrice ma sono animatrice di Parrocchia ormai da circa 6-7 anni e per questo ho deciso di fondare questo "mio primo blog" su questa tematica. Spero d'intraprendere quest'avventura con tutti coloro che vorranno aiutarmi,capire e discutere sul tema dell'animazione e dell'educazione...Grazie a tutti!! Con affetto Ale