martedì 27 gennaio 2009

Peter Pan in chiave psicopedagogica


Abbiamo visto come Peter Pan sia un bambino sfuggente e soprattutto pieno di contraddizioni tanto che spesso viene interpretato in modi quasi totalmente opposti.
C’è chi come De Kiley ha visto in lui qualcosa di patologico ( sindrome di Peter Pan ), chi nell’atteggiamento peterpanesco di quanti si sentono in dovere di pensare e comportarsi da giovani vede un antidoto alla paura della vecchiaia quale età in cui diventiamo materiale di scarto e nella puerizia trattenuta il sintomo della paura di un mondo, quello adulto, senza dei senza punti di riferimento, decadente: un mondo che alcuni preferiscono osservare da lontano.
Quando la spontaneità, l’aspetto ludico dell’esistenza, l’amore per la fantasia, la stessa curiosità sono minacciate dalle regole dell’educazione, c’è chi, per non inaridire, si rivolge al genio della fanciullezza. Quando le regole educative "rinforzano la competitività a prezzo del gioco, il giudizio e il pregiudizio a scapito della spontaneità e le limitazioni del dovere a danno del diritto alla fantasia" c’è che preferisce rifugiarsi in una sua personale isola che non c’è.
Allora forse bisogna guardare a Peter Pan non tanto come ad un modello di strenuo difensore di valori e atteggiamenti che solo nell’infanzia sembrano poter essere accettati e pienamente vissuti; valori come la spontaneità, la libertà e la fantasia.
Ne “La strategia di Peter Pan” dello psicanalista Carotenuto, il nucleo principale è rappresentato dall'universo infantile e in particolare dalla necessità di ricuperare il contatto con le componenti eternamente giovanili della psiche. Contro il tentativo della cultura razionalistica di ridurre la forza e la spontaneità della psiche "infantile" a mere suggestioni fantastiche e a strategie di fuga dalla realtà, l'autore identifica nella qualità dell’"eterno fanciullo" i semi della creatività individuale.
Utilizzando il personaggio di Peter Pan l'autore critica l'emblema di colui che si rifiuta di crescere in quanto,per Carotenuto, esso incarna "il difensore di valori e atteggiamenti che solo nell'infanzia sembrano poter essere accettati e pienamente vissuti", il portavoce di un malessere dell'anima. Il mantenimento dei tratti infantili e il riconoscimento della straordinaria capacità del bambino di identificarsi con la realtà vivente partecipando affettivamente ad essa, rappresentano per l'autore un compito che l'adulto deve assumersi per salvare la sua creatività.

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